STORIA DEL RUM CUBANO 2. LA PRIMA GUERRA DEL RUM

Per chiarezza, è importante ricordare che aguardiente de Caña, è il nome con cui a Cuba chiamavano il distillato prodotto dalla canna da zucchero, il nostro Rum. È uno dei tanti nomi che il rum ha avuto (ed ha ancora) nella sua lunga e complessa storia.

La prima guerra del Rum a Cuba si combatte fra il costoso brandy importato dalla Spagna e soprattutto dalle Canarie, e l’economico rum locale. I mercanti delle Canarie, Isleños, sono i maggiori fornitori di brandy a Cuba e fanno pressione sulla Corona perché difenda i loro interessi, proibendo il rum.

Il 5 giugno 1739 una nuova legge ribadisce il divieto della produzione di rum a Cuba. La legge comanda anche che “entro 15 giorni i piantatori cubani devono consumare tutto l’aguardiente de Caña prodotto dai loro alambicchi, che dovevano essere fermati e distrutti, sotto pena di una multa di 200 Ducados.”

Questa volta i piantatori dell’Avana assumono una posizione chiara e pubblica, cercando di difendere i loro interessi collettivamente e legalmente. Il luglio 1739 rispondono con un “Memorialel de los Dueños de Ingenios de La Habana a Gūemes Horcasitas” (“Memoriale dei piantatori de La Avana a Gūemes Horcasitas” Juan Francisco de Güemes y Horcasitas (1681-1766) era un generale spagnolo e governatore dell’Avana).

Il Memoriale affronta il divieto di produrre e consumare rum: analizza i fatti, attacca gli isolani, protesta contro il proibizionismo, offre soluzioni: insomma, è un vero e proprio manifesto politico di ampio respiro. Non sono un esperto di storia cubana, ma credo che sia uno dei primi esempi dello sviluppo di una specifica coscienza di sé da parte dell’élite dell’Avana, come comunità distinta all’interno dell’impero spagnolo. Forse, uno dei primi passi nella complessa formazione dell’identità nazionale cubana.

Il testo è preceduto da una relazione scritta da Fray Martín Becquer, priore del Convento e Ospedale di San Juan de Dios a La Avana. In essa si sostiene che il divieto del rum causerebbe danni irreparabili ai molti poveri della città ed anche ai malati. È infatti un rimedio meraviglioso per molte malattie ed è economico, tant’è che, mentre adesso solo 200 pesos sono spesi per rifornire l’ospedale di rum, oltre 1.000 sarebbero necessari per acquistare il brandy dalle Isole o dalla Spagna. Senza contare che, scrive Bequer, il brandy spesso proprio non arriva in città.

Il Memoriale punta il dito contro i mercanti delle Isole e li accusa di essere i principali responsabili del nuovo divieto, a causa della loro costante pressione sulla Corona.  Eppure, il rum è stato prodotto a Cuba per molti anni e venduto apertamente senza particolari problemi, a volte da quegli stessi mercanti. Non è giusto privare ora i piantatori dell’Avana di un guadagno consolidato. Inoltre, il guadagno aggiuntivo derivante dal rum è assolutamente necessario, dati gli elevati costi e le basse entrate delle piantagioni di canna da zucchero. Non si può rovinare un intero settore economico, si afferma, per servire gli interessi di pochi mercanti e piantatori delle Isole, che, per di più, si comportano ingiustamente perché “pretendono di venderci i loro beni al prezzo più alto possibile e comprano i nostri al più basso” e “approfittano dei limitati, chiaramente definiti privilegi concessi loro dalla Corona, mentre i piantatori dell’Avana possono commerciare solo con gli spagnoli.”

Il Memoriale qui sparge il sale sulla ferita delle numerose illegalità commesse dai mercanti isleños. Per legge, dovrebbero commerciare solo con pochi porti dell’America spagnola, e solo con poche materie prime specifiche. Al contrario, è ben noto che essi si avvalgono dei loro privilegi per fare affari ampiamente con molti più porti e molte più merci di quanto non siano consentiti dalla legge. Inoltre, fungono illegalmente da intermediari di mercanti stranieri, facendo entrare di contrabbando molte merci straniere. “Non avevano mai lamentato la vendita di aguardiente de caña fino a quando questa attività è stata tollerata, e reagiscono solo ora che il Governatore la ha vietata.”

I piantatori dell’Avana citano anche una relazione scritta nel 1724 per il Consiglio Comunale dell’Avana da un importante funzionario, José Miguel Pérez de Alas. La relazione denunciava la mancanza di brandy delle Canarie, sostenendo che i mercanti delle Isole preferivano caricare sulle loro navi merci proibite invece del brandy legale. Poi, vendevano questi beni di contrabbando ad un prezzo elevato, facendo un enorme profitto. Inoltre, “gli stessi commercianti delle Isole Canarie di solito acquistano aguardiente de caña, lo mescolano con una piccola quantità di brandy che hanno portato, alterano il gusto ed il colore, e la botte che gli è costata 60 o 70 pesos, la rivendono come autentico brandy spagnolo a 200, 250 e 300 pesos.

Il Memoriale descrive anche il processo di produzione del rum. “Una brocca piena di melassa o succo che non si è solidificato viene messo in vasi ben puliti, dove viene aggiunta acqua comune; là è lasciato fino a che dalla ebollizione non sia purificato e sembri come se fosse vino, raggiunto questo punto è messo nell’alambicco . . . questo è ciò che chiamano aguardiente de caña, senza bisogno di aggiungere altri ingredienti. Se si desidera raffinare ed estrarre la quintessenza, l’aguardiente viene messo di nuovo nell’alambicco e viene distillato una seconda volta.”

Quindi, invece che in speciali serbatoi e di grandi dimensioni come nelle vicine isole britanniche dei, a Cuba la fermentazione ha luogo all’interno di vasi; un metodo simile a quello utilizzato negli stessi anni in Nuova Spagna, dove però i sacchi di cuoio sono utilizzati come contenitori. Questo significa che a Cuba e in Nuova Spagna producevano una quantità minore di rum? Forse sì, ma per esserne sicuri avremmo bisogno di ulteriori ricerche, e la clandestinità dell’intero processo rende difficile stimare oggi la quantità effettivamente prodotta.

Comunque, la produzione di rum era anche un modo efficace per utilizzare il succo di canna che non si cristallizzava in zucchero e che era spesso abbondante, sia per la rozzezza del processo di produzione, sia per il fatto che in molte piantagioni non disponevano di veri, esperti  Maestros de Azúcar: “è molto comune durante il raccolto perdere grandi quantità di zucchero dovuto a vari incidenti ed errori” e quel succo poteva essere usato solo per fare rum che era una parte importante dei loro guadagni.

I piantatori di La Avana sottolineano inoltre che, dopo aver vietato per lungo tempo la coltivazione dell’uva e la produzione di vino in Perù, la Corona aveva infine acconsentito in cambio di una tassa del 2% e che, più recentemente, la produzione di rum a Cartagena era stata autorizzata in cambio di una certa somma di denaro.

Poi il Memoriale propone un altro argomento, politico e militare. Sostiene che il rum è molto apprezzato dai coloni spagnoli in Florida, Apalaches e altre terre di confine, perché è l’unico mezzo per domare la “ferocia di quegli indiani”. In altre parole, dopo aver tentato di soggiogarli con la forza, a costo di grandi spese e sacrifici, i coloni si resero conto che gli indiani amavano il rum al punto che, per ottenerlo, erano disposti ad accettare la dominazione spagnola. Inoltre, secondo la testimonianza di Antonio Parladorio, direttore della compagnia costituita per soggiogare gli indiani Apalaches “abbiamo dato agli indiani varie cose che abbiamo ritenuto utili e necessarie per nutrirli, vestirli e farli vivere meglio, ma la maggior parte di quelle cose ci sono state restituite. Nelle loro lettere, i nostri agenti che risiedono vicino a loro ci hanno detto che l’unica cosa che gli indiani vogliono e chiedono vigorosamente è aguardiente de caña; a parte quello, tabacco e qualche coperta.” Ed hanno anche detto pubblicamente che “gli indiani della Florida detestano il brandy delle Isole e di Castilla.”Pertanto, il rum è uno strumento decisivo per la conquista di nuovi territori e per di  più, è davvero economico: “una bottiglia di rum costa 2 reales, mentre una bottiglia di brandy delle Isole costa 10, 12 reales e talvolta anche di più.” Ultimo ma non meno importante, se gli indiani non dovessero ottenere il rum dagli spagnoli, andrebbero a cercarlo dagli inglesi che ne hanno in abbondanza, a scapito della sicurezza dell’Impero.

Ma ci sono anche altri motivi per rimanere amici con gli indiani. Molte navi dirette in Spagna con carichi preziosi sono affondate nel canale di Bahama e in altri banchi di sabbia; queste enormi perdite sono state parzialmente evitate grazie alle immersioni, che hanno permesso di recuperare gran parte dei carichi. Ma la maggior parte dei subacquei, e quelli più abili, sono indiani di quella costa, che fanno la maggior parte del lavoro e sono in grado di trattenere il respiro sott’acqua molto più a lungo degli spagnoli. E questi indiani vogliono essere pagati con il rum, altrimenti se ne andranno.

Infine, molti medici sostengono l’uso del rum come medicina, soprattutto per gli schiavi “per guarire e dare maggiore vigore ai loro corpi, debilitati dalla troppa fatica, dalle molte faccende, dalla nudità e dalla fame, dalla mancanza di sonno, dal sole cocente e per prevenire e curare molte malattie.”

Nonostante le prove dei fatti, il Consiglio delle Indie ribadisce il divieto. Il Fiscal  (il funzionario della Corona che istruisce la pratica) è consapevole che “i precedenti divieti avevano ottenuto poco o nessun effetto pratico“, ma dichiara che è necessario sostenere il divieto e farlo rispettare. Solo, consiglia di tollerare piccole quantità specifiche per gli ospedali e di consentire ai Piantatori di distribuirle ai loro schiavi e inviarle in Florida, Apalaches e Panzacola. Ma il Consiglio non accetta nemmeno queste raccomandazioni e l’8 agosto 1740 stabilisce di mantenere il divieto assoluto di produrre e consumare rum a Cuba.

Così finì la prima guerra del rum a Cuba. Il rum continuò ad essere proibito dalla Corona e i coltivatori di La Havana continuarono a produrlo. Nel 1749 la legge divenne ancora più severa perché non solo fu ripetuto il divieto, con le solite sanzioni, ma fu persino decretato che gli alambicchi, ed anche gli zuccherifici dove era fatto il rum, dovevano essere demoliti. La liberalizzazione della produzione e del commercio di rum a Cuba sarebbe venuto solo più tardi, nel 1764.

Nel frattempo, mentre a Cuba Isleños e Habaneros litigano per il rum, la Grande Storia va avanti. Nel 1739 la Gran Bretagna dichiara guerra alla Spagna, che in seguito sarebbe stata chiamata “Guerra dell’orecchio di Jenkins”. Questa guerra è molto importante per noi appassionati di Rum perché è proprio allora che il vice ammiraglio britannico Edward Vernon ha “inventato” il Grog, la bevanda iconica della Royal Navy per più di 200 anni. Ma è molto importante anche per la Storia di Cuba (e degli Stati Uniti) per altri motivi, come vedremo nei prossimi articoli.

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