Fra il 1689 (inizio della cosiddetta Guerra di Re Guglielmo) e il 1815 (sconfitta definitiva della Francia napoleonica) l’Inghilterra/Gran Bretagna e la Francia si combattono in una lunga serie di guerre. Al di là delle singole cause di ciascuna di esse, secondo alcuni storici queste guerre sono solo fasi di un unico lungo conflitto per la supremazia in Europa e nel Mondo.
Appare quindi sempre più intollerabile per il governo britannico finanziare il nemico attraverso la massiccia importazione di vino e di brandy, che venivano acquistati soprattutto proprio in Francia e nella sua alleata Spagna.
Per il vino si trova presto una alternativa. Vengono stretti accordi commerciali con il Portogallo e il vino portoghese sostituisce in gran parte quello francese, grazie anche alla passione degli inglesi per i vini dolci. Ma il brandy è un osso duro. Le classi dirigenti inglesi lo amano alla follia e non vogliono farne a meno.
Durante una delle guerre dell’epoca, l’esercito inglese rimane a lungo nei Paesi Bassi e si dice che i soldati inglesi in quella occasione imparano a bere e ad apprezzare il gin, un distillato locale inventato da poco. Tornati in patria continuano a berlo e presto in Inghilterra nascono numerose distillerie. La storia del gin è molto interessante, e magari prima o poi ne parleremo come merita. Per adesso però ci basta sapere che in pochi anni l’Inghilterra diventa una grande produttore e consumatore di gin. Ma il gin rimane una bevanda per i poveri, che ne bevano troppo con drammatiche conseguenze per la loro salute e per l’ordine sociale. E poi per fare il gin ci vuole il grano, indispensabile per fare il pane cioè l’alimento base delle classi inferiori. Spinto dall’enorme diffusione del gin e dell’ubriachezza fra le classi inferiori e dal pericolo di carestie per la scarsità di grano, il Parlamento interviene con varie leggi e regole che limitano fortemente la produzione ed il consumo di gin che rimane una bevanda per i ceti inferiori senza competere con il brandy.
Poi qualcuno scopre il rum. Il rum è interamente prodotto nelle colonie inglesi, quindi la ricchezza spesa per comprarlo resta in casa. Per farlo non si consuma grano prezioso, ma i sottoprodotti della produzione dello zucchero, quasi inutili, a basso prezzo e disponibili in enormi quantità. E’ quindi il distillato perfetto per sostituire il brandy
All’inizio del ‘700 in patria i consumi di rum sono bassissimi e gli inglesi non lo conoscono ancora bene. Tanto che Daniel Defoe nel suo “Moll Flanders” pubblicato a Londra nel 1722, raccontando un episodio della vita della sua eroina in America, si sente in dover di spiegare ai suoi lettori inglesi che cosa è il rum: “Chiamai comunque una cameriera e gli feci portare un bicchierino di rum (che è il liquore in uso da quelle parti), perché era sul punto di svenire.”
Inoltre le classi alte non lo considerano adatto a loro: è grezzo, poco fine e costa troppo poco. Perché possa sostituire il brandy è quindi necessario farlo conoscere, abituare il popolo a consumarlo, ma contemporaneamente anche elevare la sua immagine e il suo costo.
Non sembra un’impresa facile, ma i piantatori delle Indie Occidentali, il Parlamento, i Governi e i funzionari pubblici in genere, uniscono i loro sforzi in quella che oggi chiameremmo una massiccia e aggressiva campagna di promozione del rum.
E ce la fanno. Ecco alcuni dati: Nel 1697 l’Inghilterra e il Galles importano (legalmente) solo 22 galloni di rum. Nel 1710 22.000 galloni. Nel 1733 500.000 galloni! E a partire dal 1741 le importazioni di rum superano regolarmente quelle di brandy.
E non è solo un aumento temporaneo dei consumi. E’ molto di più: il rum penetra profondamente nella vita quotidiana e nella cultura del popolo britannico che impara a sentirlo come una cosa sua, un segno di identità. Fino a ieri, forse anche fino ad oggi. Un successo totale. Un capolavoro di marketing al cui confronto le moderne campagne promozionali impallidiscono.
Come ce la fanno? Cercheremo di capirlo con i prossimi articoli.